L’ex giocatore della Virtus Bologna Chris Douglas Roberts ha restituito le luci della ribalta alle fettuccine Alfredo, nate a Roma nel locale omonimo, una bomba ai tre burri diventata un cult negli States. “In Italia avete distrutto la pasta americana”, ha raccontato il giocatore, lamentando la mancanza della salsa Alfredo un po’ dappertutto. CDR ha fatto riferimento al fatto che si mangiasse sempre la pasta e il pollo: che è l’unica cosa interessante che ha detto, almeno per me. Perchè se la cosa della salsa “bianca” è un po’ una spacconata (come altri riferimenti abbastanza antipatici e stucchevoli sulla nostra cultura, i nostri usi e costumi, che non sono oggetto del mio post, perchè certe parole non hanno bisogno di giudizio e/o replica, si commentano da sè) quella della pasta e il pollo è roba seria.
Per anni, nei miei trascorsi da direttore sportivo o da general manager, ho sempre “contestato” il menù atleti che vale per le partite esterne e che non vale per le partite casalinghe. Mi spiego: il 90% delle squadre del nostro campionato mangia “ognuno per conto proprio” quando si gioca in casa e soggiace al menù atleti quando si gioca in trasferta.
L’ho sempre ritenuta una cosa senza senso, perchè a rigor di logica si dovrebbe pranzare tutti insieme anche per la partita casalinga, se si vuole impostare un discorso serio sulla nutrizione il giorno della gara. A memoria, una delle squadre che pranza sempre insieme è il Montepaschi.
Il menù atleti è sempre lo stesso: buffet di insalate, pasta in bianco o al pomodoro, pollo alla griglia o prosciutto crudo, fetta di crostata. Al decimo minuto del pranzo parte lo svacco collettivo: un momento importante, quello dello stare insieme prima di una partita in trasferta, diventa di una noia mortale. Soprattutto quando a uno stesso tavolo siedono atleti di nazionalità diverse, e quindi diversa cultura e diverso rapporto col cibo. Gli stessi atleti che – nel 99% dei casi – la domenica dopo (quando giocano in casa) mangiano tutt’ altro.
Questo post vuole fare un pò di ironia ma di certe cose resto assolutamente convinto: se a CDR o a PincoPalla avessero dato più fettuccine Alfredo e meno pollo alla griglia o prosciutto e grana (quasi sempre di qualità modesta), magari fuori casa avrebbero giocato meglio (non credo, ma non si sa mai). Senz’altro sarebbero rimasti a tavola più volentieri, anzichè non vedere l’ora di tornarsene in camera a giocare alla XBOX o, in alcuni casi noti a tutti, con la “schiscetta” per telare in anticipo o con le “schifezze” raccattate di soppiatto in autogrill (biscottame vario, in alcuni casi panini se non hamburger per la gioia dei compagni di viaggio in bus).
Per concludere: non sono contrario alle regole sulla corretta alimentazione il giorno della partita (devono esserci e valere per tutti), a patto che questo avvenga sempre (anche quando si gioca in casa) e che il tutto sia contestualizzato in un progetto legato a una dieta corretta. Altrimenti ero e resto dalla parte di chi la settimana prima si è mangiato la pasta di Alfredo (senza controllo) e quella dopo sbadiglia davanti al galletto amburghese.
Post scriptum: il Regista Paolo Boraccetti mi segnala che da decenni va avanti una contesa riguardo il vero Alfredo inventore della salsa. C’è chi si proclama il vero Alfredo, Imperatore delle Fettuccine, ma anche Alfredo alla Scrofa. Un consiglio: provateli entrambi e poi mandate le foto a CDR.
Post scriptum2: come segnala Bruno Trebbi, a questi ragazzi “qui” diamogli un po’ di salume e lasagna!
4 risposte a “Perchè sto (molto in parte) con CDR”
CDR è pari pari a un sacco di italiani che “in * si mangia male” (dove potete sostituire l’asterisco con un paese a piacere, europeo o no).
E poi scopri che hanno visitato solo pizzerie di emigrati di dodicesima generazione e si sono ritratti inorriditi davanti ai piatti locali perchè non c’era la pasta o c’erano le salse o si mangiavano con il riso al posto del pane…
Il ragazzo non ha certo una mentalità aperta, ma forse nessuno l’ha aiutato ad aprirsi…
Mi consola leggere su twitter che il nostro Mike Green è un aficionado del “Bologna” 🙂
Bologna molto bene ma oggi ho scoperto un gioiello….da Venanzio!!! spettacolo pure li….
[…] di panna e burro, revisione extralarge di un’antica ricetta romana), vi rimando volentieri all’analisi di Gianmaria Vacirca, già general manager di Montegranaro, ora responsabile marketing di Varese, oltre che appassionato […]
LA STORIA DI ALFREDO DI LELIO E DELLE SUE “FETTUCCINE ALL’ALFREDO” NOTE IN TUTTO IL MONDO
Con riferimento al Vostro articolo, abbiamo il piacere di raccontarVi la storia di nostro nonno, creatore delle “fettuccine all’Alfredo”, piatto noto in tutto il mondo.
Alfredo Di Lelio aprì il ristorante “Alfredo” nel 1914 in un locale nel centro di Roma (via della scrofa), dopo aver lasciato il suo primo ristorante condotto con la madre Angelina a Piazza Rosa (piazza scomparsa nel 1910 a seguito della costruzione della Galleria Colonna/Sordi). In tale locale si diffuse la fama, prima a Roma e poi nel mondo, delle “fettuccine all’Alfredo”.
Nel 1943, durante la guerra, Di Lelio cedette il ristorante a terzi estranei alla sua famiglia.
Nel 1950 Alfredo Di Lelio decise di riaprire con il figlio Armando il suo ristorante a Piazza Augusto Imperatore n.30 “Il Vero Alfredo”, che è gestito oggi dal nipote Alfredo (lo stesso nome del nonno), con l’aiuto di sua sorella Ines (lo stesso nome della nonna, moglie di Alfredo Di Lelio, cui furono dedicate le fettuccine).
Il locale di Piazza Augusto Imperatore è, quindi, quello che segue la tradizione familiare di Alfredo Di Lelio e delle sue note fettuccine (cfr. anche il sito di “Il Vero Alfredo” http://www.alfredo-roma.it/).
Desideriamo precisare che altri ristoranti “Alfredo” a Roma non appartengono alla nostra tradizione familiare.
Vi informiamo che il Ristorante “Il Vero Alfredo” è presente nell’Albo dei “Negozi Storici di Eccellenza – sezione Attività Storiche di Eccellenza” del Comune di Roma Capitale.
Cordiali saluti
Alfredo e Ines Di Lelio