Off Topic: Gazzetta del Sud, oggi

Sono anni che ho il privilegio di scrivere dei pezzi per Gazzetta del Sud. Anche oggi Paolo Cuomo e Max Passalacqua mi hanno dato spazio e tempo per raccontare delle storie di pallacanestro. Si parla degli americani scelti da Capo d’Orlando che poi hanno spiccato il volo. Merito di un grande gioco di squadra ma anche e soprattutto di un ambiente e di un posto fantastico.

Un giorno ci tornerò a vedere una partita. ma ancora di tempo ne deve passare: mai tornare dove si è stati felici. Però è anche vero che mi piacerebbe vedere gli amici di quella terra magica alle prese con la persona diversa che sono diventata. Mi sento migliore, e credo di esserlo, umanamente, dal giorno in cui ho capito la pochezza di una vita scandita da un canestro in più o da un canestro in meno.

Questo è il pezzo scritto oggi per Gazzetta del Sud.

L’argomento del giorno è quello delle miracolose pesche di americani “saranno famosi” nel Tirreno che abbraccia Capo d’Orlando e le zone limitrofe. Un’operazione suggerita dalla fragorosa esplosione di Dominique Archie, l’uomodi Augusta finito a Timisoara e ripescato dall’ex bambino prodigio Giuseppe Sindoni. Università di Archie: South Carolina. La stessa di Rolando Howell, per intenderci. La squadra NBA che segue Archie da lontano: i San Antonio Spurs, che attraverso i loro scout misero il ragazzetto alle dipendenze degli Austin Toros, giusto per vederlo meglio. San Antonio è un gruppo di lavoro nel quale il capo, R.C. Buford, fa sedere tutti attorno a un tavolo e fa parlare tutti, in maniera democratica, prima di prendere una decisione. Quando chiamai uno dei loro, Jared Ralsky, a fare lo scout a Montegranaro, aveva praticamente firmato per noi Isiah Thomas che oggi furoreggia ai Kings, ma saltarono fuori all’ultimo momento questioni di soldi che fecero saltare l’affare. Poi prese Ben Uzoh, ma gli agenti lo rapirono nella notte per mandarlo a svernare in Russia. Sapete bene che fine hanno fatto Ralsky, l’allenatore dell’epoca e il sottoscritto, il problema è poi che tipo di storia vi racconta questo basket di Pinocchi e Geppetti.

Di una cosa sono sempre stato convinto, e non me ne vorranno vecchi e nuovi dirigenti dell’Orlandina e del movimento italiano: in questo mestiere la fortuna conta per il 60%. Perché va bene la tecnologia, la conoscenza dei giocatori, le ore passate davanti al computer, ma sono altre componenti a fare la differenza: la prima, come un giovane che vuole fare il giocatore affronta le storie di campo, la vita fuori, che relazioni intreccia, che testa ha. A Capo d’Orlando sono più o meno stati bene tutti, e i motivi sono noti. Però non capita tutti i giorni di trovarti Terrell Mclntyre libero a fine mercato dopo una stagione da 17 punti di media a Ferrara. Devi essere bravo a prenderlo – questo sì – e ti capita di trovare per strada, oltre a chi si mette la medaglia per averlo scoperto, chi ti dice «Ah io Terrell lo avevo preso, ma l’agente chiedeva troppo». Fatto sta che poi Mclntyre non rimase nemmeno in Sicilia e se ne andò a Reggio Emilia per quel famoso 10/10 da tre.

Così come non capita tutti i giorni che il presidente ti regali Pozzecco e di passare buona parte dell’estate a chiederti col tuo allenatore se è bollito o ne ha ancora, soprattutto quando, sull’aereo per la Summer League di Las Vegas, quotatissimi e referenziatissimi tecnici ti dicono che è cotto come il riso. Insomma, la cosa migliore è prendere una bella riserva per stare più tranquilli. Si, come no. Da Castelletto Ticino ci portammo a quattro soldi (solo perché era reduce da un anno di inattività a causa della malattia con la quale convive) Drake Diener, probabilmente il miglior giocatore straniero del campionato degli ultimi anni. Lo prendemmo, lo cedemmo a Siena a metà stagione per una cifra molto importante, successivamente lo rifirmammo gratis per l’anno dopo. Quello della squadra che non c’era. Solo a un altro dirigente, tanti anni prima, era riuscita una cosa del genere: Luigino Bergamaschi cedette Flavio Portaluppi all’Olimpia Milano e poi se lo riprese gratis. Drake Diener, come tutti sapete, oggi gioca ancora con Sacchetti. Quando andammo da Enzo e Giuseppe Sindoni per chiedere l’ingaggio di CJ Wallace, al piano terra dell’Upea il coach mi chiese: «Giamma, ma sei sicuro di questo Wallace? Che giocatore è?». Pochi minuti dopo, al presidente, Meo raccontava serafico: «Enzo, questo Wallace mi piace molto. È il nostro uomo, e costa poco». Un capolavoro di gioco di squadra. Ma se Wallace non avesse avuto un bizzarro incidente domestico qualche mese prima, che mandò a carte quarantotto il suo secondo anno a Brema tra cheerleaders e birre medie, diffìcilmente lo avremmo preso. E quando all’agente italiano lo richiedemmo, la domanda fu la stessa: «Wallace? Ma siete sicuri?».

Se Diener e Wallace non fossero piaciuti anche a Sindoni jr, mai sarebbero arrivati. Perché già allora la parola decisiva arrivava dal nostro scout, impegnatissimo in rete a studiare e sondare giocatori, anche sotto falso nome… Però su Colin Falls, tiratore bianco da Notre Dame come l’ex amatissimo Ryan Hoover, prendemmo un “palo” figlio dell’amore per quel college.

Samuel Mejia arrivò al posto di Diener. Venivano dallo stesso collegè, De Paul, erano completamente diversi, avevano giocato insieme solo un anno. Mejia era ed è davvero un grande giocatore, purtroppo privo di quel briciolo di atietismo che gli avrebbe permesso una carriera stabile nella Nba. Iniziò male, ma ci regalò partite di altissimo livello. Sta giocando benissimo in Turchia, stranamente in Italia non lo ha più preso nessuno.

Stesso destino per Nik Caner-Medley, l’ala di quella squadra esclusa dalla Federazione pochi giorni prima del campionato. Pallino di Meo Sacchetti fin dai tempi del college. Io l’avevo visto a Desio, in un’epocale amichevole tra Biella e Maryland. Ha giocato a Siviglia, Estudiantes, Valencia, Maccabi, ora è in Spagna all’Unicaja dove gioca anche un ragazzo che avevo preso a Montegranaro, Ryan Toolson, che non venne messo in condizione di esprimere il proprio valore. Capita, eccome se capita, che un atleta di cui sei sicuro non vada.

Su Greg Brunner detto Maciste eravamo davvero tutti sicuri: Meo, Enzo, Peppe, io. Il suo grande sponsor all’epoca fu Bruno Arrigoni, uno dei primi gm a pescare in Belgio con convinzione: vi dice qualcosa Shaun Stonerook? Purtroppo poi se lo sono goduti quelli di Biella, che presero Brunner due mesi e mezzo dopo la nostra “dipartita” e che sull’asse Spinelli-Brunner costruirono una clamorosa semifinale scudetto. Ho sempre pensato che quella squadra che doveva chiamarsi Univer Capo d’Orlando ci avrebbe dato enormi soddisfazioni. Per me quella con Brunner è stata una storia infinita, che merita di essere raccontata. Lo ripresi a Montegranaro nell’anno delle dieci vittorie consecutive con Fabrizio Frates in panchina, con un contratto di due anni al rialzo nel caso in cui il giocatore avesse ottenuto la cittadinanza svizzera per la quale mi ero già attivato assieme alla Federazione, al mitico Ciccio Grigioni e al suo agente, e ad un ricco buyout. Ottenuto il passaporto, Brunner non era più trattenibile. Venne ceduto a Treviso e grazie a quella cessione il club decise di togliersi lo sfìzio di richiamare Sharrod Ford: operazione possibile perché tra l’accordo da svizzero che si andava a risparmiare e i soldi ottenuti dalla cessione, il contrattone di Ford stava ampiamente nei parametri economici. Ma la storia tra me e Brunner non è finita mica qui: la Benetton ridimensionava e ci offrì gratis, a fine anno, il giocatore che avevamo ceduto l’anno prima. Un’operazione “Diener-2 la vendetta” resa possibile dal fatto che la società incassava tanti denari dalle cessioni di Maestranza (Siena), Cinciarini (Cantù), Cavaliero (Pesaro) e dal terzo posto nella classifica degli italiani: un utile a tanti zeri che si poteva investire sul mercato. Oggi Greg gioca a Reggio Emilia insieme ai suoi vecchi compagni alla Sutor Cinciarini e Antonutti, agli ordini di Menetti che di Frates era il viceallenatore. Capo d’Orlando ha lanciato tanti grandi giocatori. Il merito non è di Tizio o di Caio, ma della struttura, dell’ambiente, di come si lavora quando il giocatore che hai preso arriva. Va seguito, gli vanno spiegate le cose, va gestito. Dietro un lavoro di scouting c’è tanta fatica, c’è la passione, ci sono le notti insonni, c’è spesso la necessità di rischiare, scommettere. A volte va bene, altre volte non va bene. Quando la tua forbice di spesa è così esigua -esempio: da 800 a 1 milione – “peschi” nello stesso stagno. Ma un dirigente, uno scout, non è mai troppo fenomeno o troppo fesso, e le votazioni sui “migliori ” basate sulla bravura dei giocatori ingaggiati sono figlie di un dio super minore. Intanto in terra paladina l’ultimo americano della serie, Dominique Archie, ha pescato il contesto ideale per esplodere tanto forte.

Terrell McIntyre – 36 ANNI, PLAY (RITIRATO) Stagione 2004/05, promosso in Serie A. Poi il passaggio a Reggio Emilia, quindi l’epopea Montepaschi Siena con cui ha vinto tutto, diventando un numero 1. Si è ritirato nel 2011.

Drake Diener – 32 ANNI, GUARDIA (SASSARI) Stagione 2007/08. Ceduto a metà stagione a Siena. Avellino (Eurolega) e Teramo le tappe successive, ora il triennio a Sassari. È il più forte giocatore del campionato.

CJ Wallace – 31 ANNI, ALA GRANDE (MILANO) Stagione 2007/08. Da Capo d’Orlando il salto alla Benetton, poi Gran Canaria e quindi il biennio magico al Barcellona, prima di tornare in estate in Italia all’Armani Milano.

Greg Brunner – 30 ANNI, CENTRO (REGGIO EMIUA) Scoperto e portato a Capo d’Orlando nell’estate 2008, dopo la cancellazione ha giocato sempre in Italia (Biella, Montegranaro, Benetton, Cantù, Reggio Emilia). È un “califfo” della A.

Nik Caner-Medley – 30 ANNI, ALA GRANDE (MALAGA) Felice intuizione dell’estate 2008. Poi un leader in Spagna (Siviglia, Estudiantes, Valencia) , il prestigioso approdo al Maccabi e quest’anno il “ritorno” a Malaga. “Big” europeo.

Yegor Mescheriakov – 37 ANNI, ALA-CENTRO (RITIRATO) Il bielorusso è stato il primo straniero in Legadue, rimanendo due stagioni. Poi Grecia, Ucraina ma soprattutto una splendida parentesi russa tra Unics Kazan e San Pietroburgo.

Kristaps Janicenoks – 30 ANNI, GUARDIA (VEF RIGA) Stagione 2005/06. “Scippato” dalla Fortitudo nonostante un biennale con l’Upea, poi il ritorno in Lettonia (con una parentesi a Venezia) dov’è soprattutto una stella della Nazionale.

Una replica a “Off Topic: Gazzetta del Sud, oggi”

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