E’ il caso di sfatare qualche mito, come quello di definire come DOPPIO MALTO le birre di rilevante gradazione alcolica.
Rubando a piene mani da un sito fondamentale come Microbirrifici.org, diciamo che “è una invenzione del legislatore italiano che – per motivi di tassazione alla produzione – ha suddiviso le birre in varie categorie (analcolica, light, normale, speciale, doppio malto) in relazione alla quantità di zuccheri contenuti nel mosto di birra“; quindi non c’è una stretta relazione diretta tra tale quantità e la gradazione alcolica.
Sempre per essere precisetti, sarebbe troppo generico anche parlare di birre ROSSE, in quanto perfettamente di questo colore ne esistono rarissimi esemplari (talmente poco diffusi che non si trovano nemmeno foto in rete …); la tavolozza dei colori che va dal dorato carico al bruno tonaca di frate è infatti ricca di sfumature, come lo sdoganato ambrato o il nobile rubino, passando per l’arancio e l’albicocca per finire con il ramato.
Ma il vero nemico della birre artigianali sono le temperature polari con la quale viene servita !
Beh … in effetti ci sarebbe anche il brillantante che rimane residuo dopo il lavaggio, che altera le proprietà organolettiche e la formazione di schiuma, ma quello si risolve dando una bella sciacquata al bicchiere prima di versare …
La birra ghiacciata, quindi: diffidate dalle pubblicità che esaltano la bionda gelida da ingollare, magari direttamente dalla bottiglia, nelle afose giornate estive o con una bella pizza da asporto …
Sempre per citare Kuaska, l’industria produce “cadaveri in bottiglia”, filtrati e pastorizzati, uniformati ed impoveriti nel gusto e nella personalità; è un bene che siano consumati gelidi, “anestetizzando” le papille gustative del consumatore per nascondere la vera “qualità” del prodotto.
Per godere appieno dei profumi e dei sapori delle Birre Artigianali è consigliato conservarle al freddo e consumarle fresche; tenetele in frigorifero, oppure in una cantina non troppo calda e senza sbalzi di temperatura, rigorosamente in piedi (a parte rari casi per prodotti “di nicchia”).
Per birre leggere e beverine la temperatura consigliata è intorno ai 7/9 gradi, giusto il tempo di farle riposare qualche minuto fuori dal frigorifero; non perderete quindi le proprietà dissetanti ed appaganti per le quali sono state concepite, e vi potrete godere appieno anche le sfumature dolci del malto e quelle aromatiche di luppoli.
Salendo di complessità ed alcolicità, lasciate riposare una decina scarsa di minuti la bottiglia fuori dal frigor, per far arrivare la temperatura intorno ai 10/12 gradi; se invece volete addentrarvi in prodotti decisamente alcolici, aromatici ed avvolgenti, la temperatura ideale è sui 15/17 gradi, praticamente quella di una buona cantina.
Questo ne esalterà i profumi complessi ed importanti del mix di malti (di solito caramello, toffee, miele di castagno, cioccolato, ecc …), che ritroverete amplificati al primo assaggio donando alla vostra degustazione/bevuta un senso di appagamento a 360° (sempre che la birra sia fatta bene e sia di vostro gradimento, ovviamente ….)
Finita la parte teorica, torniamo tra gli scaffali del supermercato alla ricerca di qualcosa di buono e di facile reperibilità; rimaniamo sempre in Belgio con un classico delle birre Trappiste, la Rochefort “8”.
Nella loro Abbazia i monaci trappisti producono anche la “6” e la “12” (numeri che si avvicinano a grandi linee al loro grado alcolico) ma mentre la prima ha una buona complessità e l’ultima si ricorda per l’impatto deciso, possiamo dire che la creatura “di mezzo” è quella meglio bilanciata e di maggior presa anche sui neofiti.
Qui i colori si fanno scuri, grazie all’abbonate uso di malti caramellati e torrefatti, con i profumi di cioccolato e miele di castagno che salgono al naso da una lieve ma fitta e compatta schiuma quasi beige.
Al primo assaggio il dolce da caramello ed il torrefatto da cacao prendono subito il sopravvento (ah … non sono stati aggiunti nessuno dei prodotti sopracitati, malti a parte …), anche se il corpo watery ne permette una facile bevuta; l’importante grado alcolico rimane nascosto per qualche attimo, per poi esplodere nel calore avvolgente che bilancia e supporta il complesso bouquet gustativo.
Birra “da divano”, da dopo cena, da bere con calma e quasi a temperatura ambiente in un bel calice ampio tipo coppa; la sua forza è comunque lo sposarsi alla grande con i dolci a base di cacao, come ad esempio una classica mousse dove già nella prima fase di scioglimento a bagno maria del cioccolato il cuoco “distratto” ma buongustaio ci può versare due dita della suddetta birra …
Non avete trovato la Rochefort nel market sotto casa ma volete qualcosa di simile ? Allora cercate la Chimay Blu, che oramai si trova anche in pizzeria, o la stupenda Westmalle Dubbel, segnalata da amici in impensabili cocktail bar. Se invece siete dei veri beer-hunter, ed avete anche un buon conto in banca, il top è la Westvleteren 12; ma di queste ed altre birre “introvabili” ne parleremo un altra volta …
Se invece avete la possibilità di aggirarvi tra beer-shop o pub specializzati in birre artigianali (e datemi retta, di entrambi ne stanno nascendo come funghi …), oppure anche in qualche enoteca dalla mentalità aperta o in botteghe di prodotti ad alta qualità, vi consiglio di scovare un altro cult della scuola brassicola belga come le Oerbier di De Dolle.
Birra forte ed asciutta, per citare i produttori, dal colore bruno con riflessi rossastri e dai profumi decisi dove è il lievito (vero ago della bilancia delle loro produzioni) a farla da padrona; ma se per molte caratteristiche (alcool, tostato dominante, dolcezza non invasiva e finale secco) questa potrebbe accomunarsi alle solite “scure doppio malto” (sigh …), al primo assaggio quello che noterete di diverso sarà una sensazione di astringenza delle papille gustative.
E’ infatti l’aggiunta di lactobacilli in fermentazione a dare quella sensazione di lattico, quasi riconducibile allo yogurt (che detta così fa un pò ribrezzo …), che se in molte birre può essere un punto dolente (prodotto infetto, bottiglia lasciata al caldo, ecc …) qui ne dona una piacevole freschezza e pulizia tanto da rendere una birra di 9° gradi alcolici di facile consumo e “pericolosa beverinità“.
Anche qui ci possiamo sbizzarrire in abbinamenti con i dolci, anche se le caratteristiche quasi acetiche esaltano questa bevanda con secondi dalla forte grassezza come brasati (sostituite in cottura il vino con birra ambrata o scura sopra gli 8 gradi …) o di difficile abbinamento quali la cassoeula, completa di cotenna e piedini … Ed il fondino della bottiglia, carico dei lieviti esausti della rifermentazione, non buttatelo se non vi va di berlo, ma utilizzatelo per sfumare un buon risotto salsiccia e funghi.
Riccardo Telesi