“Il «mistero dei tetti» di Firenze è tutto qui: essi sono, con la Cupola, quasi un «sacramento» che si fa specchio e diffusore della bellezza, della purità e della pace celeste!”
Rieccoci nel bel mezzo del cammin del nostro tour fiorentino – mentre le Final Eight si apprestano a decollare -, accompagnati dalle parole di un uomo innamorato della propria città come lo era il Giorgio La Pira della citazione (uno dei più celeberrimi sindaci di Firenze), e dal nostro fido cicerone-gourmet-sommelier che, col passare delle ore, sembra accusare più del previsto le sbornie alcoliche e goderecce delle nostre “pause” viziose.
Ci eravamo lasciati con la promessa di “guadagnarci” il privilegio di una vista memorabile sul fiume Arno dopo aver messo a ferro e fuoco i locali di mezza sponda sinistra, ed eccoci accontentati. Dal quartiere Campo di Marte nostra ultima tappa prima dei temporanei addii ci basta percorrere qualche centinaio di sampietrini medievali in direzione sud e giungiamo sul famoso Lungarno, dove anche il nostro amico Lorenzo Il Magnifico adorava passeggiare e far viaggiare la mente.
Siamo ancora lontani da Ponte Vecchio, ma passare sul suo cugino più orientale – Ponte S.Niccolò – non è per nulla spiacevole. Anzi, la visuale del resto della città ha un sapore nuovo, quasi come trovarsi improvvisamente nel dietro le quinte di un teatro ottocentesco: salire sugli spalti naturali è l’ultima cosa che ci rimane da fare per ammirare i tetti tanto decantati della Firenze odierna, e Piazzale Michelangelo – piazza dell’Ottocento sopraelevata rispetto alla città – è la nostra ovvia meta appena scesi dal ponte sulla sponda destra.
Non male come colpo d’occhio, e del resto questa è una delle zone più visitate dai turisti di tutto il mondo. Ma forse non tutti sanno che poco più in giù – andando in due direzioni opposte tra loro – un “panorama” altrettanto prelibato è proposto quotidianamente anche da due tra i locali più ambiti in town: verso est s’incontra la Trattoria Gigi, in Via Orsini, tra le più classiche del posto e nettamente tra le più buone; andando verso il centro invece impossibile non fermarsi da ZEB Gastronomia, nella piazzetta di San Miniato. La parola la lasciamo – doverosamente – al nostro guru: “L’ultima volta da Gigi c’ho mangiato pici al ragù di cinghiale, il solito spettacolare tagliere di salumi e un buon Chianti, oltre che un ottimo dessert di pan di spagna con gelato alla vaniglia…da Zeb…beh, altro posto da pausa scenica, degustazioni pazzesche!…se non c’andate, quello sì che è un peccato mortale!”
Seguiamo il consiglio senza farci pregare due volte e c’incamminiamo verso Zeb, considerata la sua maggior vicinanza a Ponte Vecchio dove siamo diretti. Del resto la giornata è lunga e piena di sorprese, un’iniezione di energia e carboidrati è proprio ciò che ci serve, in attesa che la Leonessa Brescia scateni i due fratelli Vitali contro le V-Nere.
Ritornati all’aria aperta, l’Arno calmo e bagnato dai raggi del sole ci invita placidamente a risalirlo, perchè sa che è giunta l’ora: aveva ragione il grande giornalista Guido Piovene quando affermava che a Firenze “l’architettura ha la magia di uno strumento ottico di precisione”…ci soffermiamo davanti alla manifestazione di piccola perfezione che Ponte Vecchio con le sue casette colorate a strapiombo sul fiume ci trasmette, e sospiriamo. Forse solo l’occhialata di coach DeRaffaele trasmette sensazioni superiori.
“Quanto sei bella Firenze” sussurra alle nostre spalle il nostro buon cicerone, ancora col calice in mano…pare che non abbia perso tempo, ed approfittando del nostro sognare ad occhi aperti si è servito alla grande proprio dietro l’angolo, in una delle più deliziose bottiglierie del centro: “Le Volpi e l’Uva ha una delle selezioni di vini più incredibili della zona” ci dice convinto, e noi non possiamo far altro che andare a controllare la fedeltà delle sue parole, assaporando pochi minuti più tardi un Brunello che ci lascia basiti e contenti…salvo poi farci trascinare dalla concorrenza per chiudere l’obbligato confronto: non sappiamo sinceramente dire se han vinto “Le Volpi” o l’enoteca Gola e Cantina oppure anche l’Antico Vinaio con le sue incredibili focacce e anche nell’attigua Osteria (atto terzo della grande epopea in scena in via dei Neri) ma di certo c’è che noi siamo palesemente soddisfatti.
Ma basta trastullarsi con i beni terreni, è tempo di arte, storia, magia e i pick and roll Culpepper-Burns! Via dunque verso Piazza Pitti e il suo Palazzo, uno dei più rinomati musei cittadini: i capolavori di Raffaello e Tiziano ci attendono, tornandoci a far pensare a quel nostro amico quando ci confessò di avere “un debole per gli occhi chiari ed i capelli biondi datati 1400 a Firenze”. Perdiamo (artisticamente) la testa anche noi, completando poi l’opera con un cono gelato da applausi alla vicinissima Gelateria della Passera, sempre nella stessa piazzetta che ospita anche il pluricitato Magazzino, per trippa e lampredotto.
Ne lecchiamo i lati, attenti a non far sciogliere i tre gusti che abbiamo arditamente scelto con questo freddo, mentre proviamo ad entrare nel Giardino dei Boboli, definito “uno dei più grandi esempi di giardino all’italiana al mondo”…non a torto, giustamente: tra alberi, distese di verde e statue dal sapore romantico, con i rumori urbani lontani nel tempo e nello spazio, ci sembra di vivere in un’altra epoca, come dei gentiluomini con baffi a manubrio e cilindro.
Status che ci spinge peraltro ad affilare il nostro giudizio nelle ultime due tappe enogastronomiche del nostro gironzolare.
Gurdulù è un monumento al mangiare e bere bene tanto quanto l’attacco di Torino orfana di Luca Banchi, entrambi di fianco ai giardini, entrambi dai menu celestiali: “cucine divine, cocktail intriganti…non saprei proprio da dove iniziare…” ci dice per un attimo spiazzato il nostro amico, come davanti all’immarcabile duo Gentile-Aradori…sappiamo che “testeremo” entrambi, e quindi con un sorriso ci mettiamo l’animo in pace mentre dietro a Ponte Vecchio il sole si avvia al meritato riposo.
E davanti a tanta meraviglia, sull’imbrunire della giornata e della nostra avventura fiorentina, non ci resta che chiudere con le migliori parole, quelle dell’eterno Ennio Flaiano:
“La sorpresa di Firenze che si rinnova a ogni viaggio. Il piccolo golfo dell’Arno così bene “male” illuminato la sera nei lungarni, la linea sempre aurea dei palazzi, lo svolgersi delle strade, la nettezza dei particolari, il nitore del cielo e dei profili.”
…e se volete tornare sulla sponda sinistra dell’Arno, basta cliccare QUI per la Parte #1
Buona Firenze, buone Final Eight, ci trovate sugli spalti del Nelson Mandela Forum, poco dopo l’Artemio Franchi!
ULTIME SEGNALAZIONI
IL MERCATO CENTRALE: un concentrato di tipicità e un meraviglioso progetto di riqualificazione cittadina di un vecchio mercato. Ci trovate anche i mitici panini col lampredotto di Nerbone.
IL CHIOSCO DI SERGIO POLLINI: in Via dei Macci 126, sempre per il lampredotto.
IL LATINI: meta dei pellegrinaggi del mio amico Carlo Rossi, prosciutti appesi alle pareti e un trionfo della tradizione toscana. “E’ buono tutto, anche il vino della casa”.
L’APPENDICE DI FABRIZIO PROVERA: “Vale la pena fare un pellegrinaggio all’Enoteca Pinchiorri in via Ghibellina. Il Cibreo di Fabio Picchi ha anche un bistrot (oltre allo stellato) dove si mangia VERA cucina Toscana e a pochi passi da Firenze (Greve in Chianti) ci sono Falorni e nella stessa piazza la più alta concentrazione di ristoranti ed enoteche di qualita’ in una città di 25mila abitanti. Buone Final Eight a tutti”
2- fine
MICHELE PETTENE/GIANMARIA VACIRCA