81 anni e non mostrarli…don Antonio Baldassarri, parroco di San Biagio Vecchio, nella campagna a 5 km da Faenza, è un personaggio a tutto tondo. Fa vino da sempre, don Antonio… Ad Enologica, rassega annuale di riferimento per i vini della Romagna, gli è stato dedicato un work shop sull’ Albana Passito, suo cavallo di battaglia, e di cui è artefice ancestrale.
Mia moglie Paola, che per queste cose davvero non perde un colpo, non se l’è lasciato sfuggire e così, presi i contatti del caso, ci siamo ritrovati da lui in sacrestia a parlare di musica sacra (di cui è cultore…), di vangeli sinottici (di cui è studioso…), ma anche e soprattutto di Albana, Trebbiano e Sangiovese. La mia teoria, da sempre, è che chi fa buono il proprio vino di punta, se c’è vera “quadra” di cantina, debba fare ancora meglio i propri vini base: in questo, don Antonio, non solo conferma la regola, ma è davvero l’asso di briscola!!!
Il suo sangiovese e la sua couveé bianca (di Albana, Trebbiano e “Lanzeisa”, perché “… a lasciarli soli quei due lì mica si prendono…”) sono qualcosa di straordinario per autenticità, consistenza ed eleganza. Mostra orgoglioso le analisi chimiche di tutti i suoi vini, don Antonio: la “solforosa” è davvero bassissima. E la cosa disarmante sono i prezzi, che potremmo davvero definire simbolici: 1 euro e 40 cent i vini d’annata, 5 euro l’Albana Passito… che è appassito in pianta (e non sui graticci come generalmente si fa) e di cui, l’ultimo imbottigliato, data 1993!!!
Disarmante, sì, ma non tanto quanto l’esperienza gustativa: una complessità straordinaria associata ad una beva di incredibile facilità… davvero la quadratura del cerchio per un passito. Ma non crediate che andare da don Antonio a comprare il vino sia qualcosa di commerciale: tutt’altro!
Lui il vino mica lo vende… il vino lui lo condivide con chi ha tempo e voglia di ascoltare (e far proprie…) le storie che dietro quel vino il tempo e l’incredibile cultura di quest’uomo di fede hanno disegnato di stagione in stagione, di raccolto in raccolto… Uscire dalla sua sacrestia con le bottiglie è una sorta di viaggio interiore: come si dovesse varcare la soglia di un “confessionale laico”, superabile solo da chi riesca ad esprimere, nel proprio modo di porsi, i colori e i suoni dell’anima… qualcosa che rimane dentro e che contribuisce ancor di più a rendere magica la beva del suo vino!
Maurizio Massari