Funziona cosi: la domenica sera alle 19.30 sei seduto sul divano davanti alla tv, disoccupato. Da qualche mese il telefono sembra disattivato, nessuno chiama, nessuno ti cerca. Tu non lo sai ma in quel mentre qualche collega sta perdendo, magari di un misero punto sulla sirena e alle 21.15 di colpo lo scenario si capovolge. Nel giro di 2 ore devi capire, pensarci, decidere e prepararti al trasloco perché la mattina successiva già devi allenare e in 3giorni magari vincere la partita chiave della stagione.
Sono questi i momenti in cui hai bisogno di una mano, tipo chi ti aiuta a trovar casa, ti spiega la strada per il palazzo dello sport, ti dice dove fare la spesa, il bancomat, chi ti attiva internet e SKY per vedere le partite. Nel mio caso chi ti da una dritta su dove andare a mangiare bene. Perché non fumo, non bevo e non so preparare nulla più della bresaola con olio e limone ma in compenso mi piace mangiare e soprattutto scoprire posti nuovi che attraverso la cucina mi facciano conoscere il territorio dove sono stato catapultato per un pallone e un canestro.
A dir la verità le dritte davvero buone in 23 anni di serie A si contano sulle dita di una mano perché ognuno ha i suoi gusti e quel che piace a me non sempre, o meglio quasi mai, coincide con quel che piace agli altri, per cui provo, se mi incuriosisce riprovo ma raramente ritorno assiduamente nello stesso posto. Non dipende solo dalla cucina, anzi. Prima di tutto giro alla larga dai ristoratori tifosi, quelli che ti fanno il prezzo speciale ma poi ti stanno addosso tutto il tempo “ma perché abbiamo perso, come mai quello ha giocato poco, io lo dico sempre al presidente che siamo deboli a rimbalzo e ci vuole un altro lungo”: voglio mangiare con calma, in pace, assaggiare piatti tradizionali con ingredienti del territorio, magari consigliati ma non troppo. E preferibilmente pesce.
La dritta a Caserta e’arrivata quasi subito, forse la seconda sera dal mio sbarco, e non poteva che essere l’ing.D’angelo, Salvatore per intenderci, a portarmi per la prima volta da Maurizio, al secolo Locanda Battisti, in un vicolo chiuso e a dire il vero mica tanto ben tenuto a pochi passi dalla stazione. E allora penso che se un posto provato la seconda sera, dopo aver continuato a testarne altri, diventa il “tuo” posto per 2 anni quasi sempre a pranzo, spesso la sera, deve essere un posto speciale, da segnalare e consigliare.
Volendo dal fratello Enzo c’e la carne, per non parlare della mozzarella di bufala, o i primi saporiti della cucina campana tipo paccheri di Gragnano alla provola, ma io insisto sul pesce di Maurizio perché quello prendevo e continuerei a prendere. Crudo per cominciare con scampi, gamberi, tonno rosso ed ostriche, poi i primi come linguine, maltagliati o pennoni che sposano a meraviglia funghi chiodini e calamari, fiori di zucca e scampi, tonno rosso e peperoncini verdi. Proseguire non e’ poi cosi semplice: bisogna scegliere fra il filetto di tonno rosso o la delicata frittura di calamari, gamberi, merluzzetti e triglie, anche se io raramente ho tradito una fresca pezzogna all’acqua pazza. Gran finale e’ per tutti la millefoglie con crema chantilly fatta in casa, ma io dopo aver provato la torta di ricotta e pere le sono rimasto fedele nei secoli.
La soffusa gentilezza di Maurizio e i tavoli ben spaziati dove si può chiacchierare in santa pace fanno il resto, tanto che pure le sconfitte più brucianti sono state digerite senza troppi bruciori, cosi come le vittorie sono sembrate ancor più leggere e meritate.
Prenotare per tempo e’ d’obbligo.
Fabrizio Frates