La settimana scorsa sono partito con mia moglie e mia sorella per Altamura, la città dove sono nato.
Era un’occasione a cui tenevo molto, anche perchè avevo promesso a mia sorella di tornare con lei nei luoghi dove siamo cresciuti.
Con Olimpia, mia moglie, e con Gilda, mia sorella, siamo arrivati a Altamura per una visita emozionante oltrechè per ricevere l’iscrizione onoraria al Club Federiciano della città.
Venerdi sera abbiamo consumato un’ottima cena al ristorante Artusi di Altamura: abbiamo mangiato di gusto insieme ai membri del club. Gli antipasti erano sublimi.
Il giorno dopo siamo partiti per Alberobello, poi Locorotondo e Ostuni dove ci siamo fermati a pranzo: che città magnifica! Abbiamo scelto il ristorante Le Monacelle vicino alla Cattedrale. Mi è piaciuto molto, è un posto piccolo e particolare. Eccellenti i paccheri con baccala, acciughe, pomodoro fresco e mollica di pane e successivamente il baccalà con la cipolla rossa. Il caffè fatto con la moka ha chiuso nella maniera migliore una bella esperienza.
Dopo Ostuni siamo tornati a Altamura e la sera siamo andati in visita a Matera, posto che ci ha letteralmente conquistati. Ci ha consigliato bene un amico, mandandoci al ristorante “Dalla padella alla brace” dove ho mangiato strascinate alle rape e mollica fritta, semplicemente divine.
Dopo la notte a Altamura siamo andati al campo profughi dove sono nato il 20 agosto del 1953: dei padiglioni che c’erano ne è rimasto uno solo, non so se si tratta di quello in cui sono nato io, il numero 5, ma è come se lo fosse.
Mia sorella si è commossa, si ricordava tutto di quegli anni: lei ha 13 anni più di me ed era una ragazzina quando venivo al mondo.
In quel campo è cresciuta, rimanendoci cinque anni.
Il giorno che il campo ha chiuso ci era stata assegnata una casa popolare a Brindisi: mia madre aveva dei parenti a Novara e decise di trasfersi al nord. Andammo là che avevo due anni.
Dovete sapere che la mia è una famiglia particolare: i miei bisnonni erano emigrati da Belluno e Trento verso la Romania, per un lavoro nelle cave. Mio padre ereditò quel mestiere dal padre: mio nonno era l’addetto all’accensione delle micce.
Sono molto orgoglioso delle mie origini e della mia formazione. Tornare ad Altamura a distanza di 60 anni è stato incredibile. Ora posso solo promettere di tornare più spesso.
Ci sentiamo da Liverpool tra qualche settimana.
Romeo Sacchetti