Volevo andare da Retrobottega a Roma da tempo. Ne avevo sentito parlare benissimo ed avevo letto un profilo entusiasmante sull’edizione 2017 della guida di Identità Golose, che per me è sempre un riferimento imprescindibile.
Due le cose che avevano attirato la mia attenzione: la beata gioventù dei ragazzi coinvolti nel progetto, capitanati da Alessandro Miocchi, cresciuto nelle cucine di Enrico Crippa. E il format di ristorazione: si mangia a tutte le ore, non si prendono prenotazioni, se c’è da aspettare si aspetta, altrimenti vige il più classico dei “riprova, sarai più fortunato”.
Con Veruska, Fabio, Marco e Filippo abbiamo fatto un primo tentativo il sabato, andato a vuoto.
Siamo tornati la domenica, quasi all’ora delle “galline” – erano più o meno le 12.30 – ed abbiamo passato due ore da sogno, semplicemente spaziali, estasiati da una cucina che come aveva scritto perfettamente Antonella Amodio sul sito di Luciano Pignataro è davvero “Qui e Ora”: una magica esperienza nel momento, e quel momento vorresti davvero che non finisse mai. Che fosse il più lungo possibile.
Siamo in via della Stelletta 4, pieno centro di Roma, a due passi dai palazzi della politica e dalle code interminabili per mangiare un cono da Giolitti.
Il locale è essenziale – va di moda dire “contemporaneo” – arredato in stile “industriale” come piace a me, tanto che ci ho preso un paio di idee per riproporle a casa, rigorosamente ferro e legno. Poco più di 30 posti a sedere, interazione continua con chi cucina e chi si occupa del servizio, ci si sente subito a proprio agio, senti quel senso di “alleanza tra uomo e uomo” richiesta da Carlo Petrini, ci si sente amici più che clienti, si respira subito fiducia reciproca. Belle vibrazioni.
Si aprono i cassetti e ci si costruisce il coperto da soli, una grande lavagna indica il menù del giorno, una giovane e preparatissima Chef lavora davanti a noi, la carta dei vini mi piace, c’è una bella selezione e dalle Marche si è pescato il meglio, che va da Corrado Dottori alla Staffa passando per San Lorenzo, quindi la tradizione e l’innovazione nel sacro nome del Verdicchio. E abbiamo iniziato con il “Mai Sentito” de La Staffa, un Metodo Classico a base verdicchio rifermentato in maniera ancestrale: un aperitivo perfetto prima di buttarci su un Vermentino di Dettori.
Da Retrobottega non ci siamo fatti mancare niente. La nostra è stata un’esperienza divina.
Le mie trenette fredde (rigorosamente Pasta Mancini, unica pasta non fatta in casa che viene utilizzata) con succo di verdure alla griglia e i cannolicchi erano meravigliose, al pari del pomodoro cuore di bue arrosto con le cipolle novelle e una delicatissima tzatziki. Poi un dolce golosissimo che mi ha fatto fare pace con la tapioka dopo un terricante beverone losangeleno.
Circoletto rosso!



Anche Angela e gli Amici hanno mangiato da Dio.
Applausi ai ragazzi di Retrobottega!




