Scibetta, Pastori, Capo d’Orlando

L’ospitalità, in Sicilia, è un’altra cosa.
Si sa, non è nemmeno il caso di ribadirlo.
Il fatto curioso è che io, Pietro Scibetta, nativo di Agrigento ma fieramente (?) “marinisi”, cioè di Porto Empedocle, sono stato ospitato in Sicilia da un “forasteri”, come dicono dalle mie parti.
Un ex forestiero, per la verità: al secolo Diego Pastori, di casa a Capo d’Orlando dal 1999 (per giovare con l’Orlandina e poi esserne il diesse fino dal 2002 al 2007) e oggi in altre faccende affaccendato nella sua terra d’origine (la Brianza), ma con evidenti legami (a partire dalla moglie, Rita) con quella che è ormai la terra mia e anche sua.
Non è stata la mia prima volta qui, c’ero già venuto in due occasioni: a intervistare l’eterno presidente-sindaco Enzo Sindoni subito dopo la storica promozione in Serie A, e poi a battezzare l’esordio contro la Montepaschi Siena di Carlo Recalcati.
Fino a qui, uno sticazzi ci starebbe di lusso. Pensate dopo.
Ora ci si aspetta la parte “Basketkitchen”.

Niente di complicato. Anzi, semplicissimo.
Un piccolo momento di gioia arrivato dopo un pomeriggio da incorniciare.
Giretto per Capo d’Orlando in Vespa 50 (in-vespa-cinquanta), massacrata dalle nostre due tonnellate e oltre. Casco stretto, sfiorata l’uscita con elegante borsa da mare della signora Rita di cui sopra (per fortuna sventata proprio al momento di uscire, con provvidenziale sacca trovata al fotofinish). Bagno provvidenziale. Quindi ecco.
Dove si va? In centro. Vabbè, centro, due passi più in là.
E finalmente lei.
Anzi, loro.
Una fragola con panna. Una pesca e pistacchio.
Una brioche, perché Diego è a dieta e già questa rappresenta una piccola fuga verso la libertà, in una dura quotidianità estiva fatta di verdure, gallette di riso e pesce lesso.
Sono loro, le granite.
Che come le fanno nella Sicilia orientale non le fanno da nessun’altra parte.
Chi sa di cosa parlo, non necessita di ulteriori commenti.
Chi non lo sa, peggio per lei o lui.

PIETRO SCIBETTA

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