Lo confesso. Ho un debole per i ColliTortonesi, per i suoi colori e i profumi. Per la cucina: semplice, ma avvolgente, mai scontata.
Non ho mai trovato un tale quantitativo di osterie così attente alla qualità della materia prima. Nemmeno nelle Langhe o in Emilia Romagna, territori d’eccezione per cibo e vino, che tutto il mondo ci invidia.
Io sono romanticamente innamorato di un territorio unico e forse lo sono in questo modo perché ha ancora una dimensione umana, fuori dalle logiche del turismo di massa.
Sabato sera siamo andati a cena nella bella osteria della Cooperativa Valli Unite, in cima a Costa Vescovato, terra di Contadini e Timorasso.
Luogo magico, in cui al centro di tutto ci sono le persone, nato negli anni ’70 “dalla voglia di sovvertire il sistema, quel sistema che costringeva a lasciare la propria terra, lasciarla incolta, senza cura”.
Qui, in silenzio, si è fatta la rivoluzione: “È la cura il senso. Della propria alimentazione, del luogo dove si vive, delle proprie idee e delle persone che popolano questa terra”.
Oggi la cooperativa è un nucleo di 30 persone che vive di agricoltura ove l’allevamento e la viticoltura sono i settori trainanti, affiancati dalla produzione di cereali da mangime e per alimentazione umana (grano, farro ed orzo) trasformati in farine, dall’apicoltura e vendita di miele e dalla produzione di salumi con carni suine e la vendita di carne bovine di razza piemontese.
Un’azienda contadina multifunzionale e moderna, dove i saperi antichi si mischiano con le tecniche innovative.
Ma, come si legge sulle pagine del sito internet: “La Valli Unite è anche luogo di discussione e relazioni, forti sono le attenzioni alle diverse forme di resistenza alle aggressioni politiche e sociali e davanti ad un bicchiere di vino molte sono le idee e gli spazi per il confronto”.
Nel salone dove legno e pietra trovano perfetta armonia, si mangia secondo un menu scelto da Pinuccia, una delle cuoche, che ci ha servito con cura e passione, raccontandoci i piatti che offrono la stagione e le mani degli uomini.
Un’insalata dell’orto croccante, per partire. Poi un inebriante assaggio di salumi: pancetta, coppa, salame crudo e cotto. E una bresaola di vacca, morbida e profumata.
Un formaggio a latte crudo di un piccolo allevatore locale, con il miele della cooperativa e qualche rondella di pomodoro fresco inondata da una maionese di melanzana affumicata. Il tutto accompagnato dal pane fatto qui tutte le settimane. Eccellente.
Di primo, gli agnolotti del plin con il sugo del brasato. Di secondo, arrosto di vitello cotto nel forno a legna, zucchine saltate in padella. Per concludere, i biscotti fatta in casa e la torta di mele. Non mi piace parlare di soldi, Gianmaria lo sa bene.
Il menu ha un prezzo di 28 euro.
Più che onesto, perché tirare fuori dalla terra questi prodotti è un enorme sacrificio. Non si esce con la fame. Anzi. Eravamo in quattro.
Abbiamo accompagnato la cena con i vini dell’azienda. Gli antipasti con il “Montesoro” 2015, Timorasso in purezza che sosta una settimana sulle bucce. Un vino leggermente macerato, ma un Timorasso che non perde mineralità e freschezza.
Con il primo abbiamo scelto il più classico “Derthona” 2015, un Timorasso da 16°, austero, sapido, fiero alfiere del proprio territorio.
Con la carne abbiamo bevuto il “Diogene”, un dolcetto vivo, caldo, ma delicato.
Si spende 11 euro per una bottiglia di Timorasso, 9 per i rossi base.
Poi ci sono le riserve e si sale un po’ con il prezzo. Per me, già da ora, già dalla prima volta, è uno dei posti del cuore. Come il tortonese, di cui sono innamorato pazzo. Ogni volta è come se fosse la prima.
Alessandro Rossi
Una replica a “Divagazioni Tortonesi: Valli Unite”
Grande articolo.
É come se l’avessi scritto io.
Avrei usato le stesse enfasi e lodi.
Unica cosa io avrei sorseggiato alla fine un bel Bardigá.