Petrini ci ha regalato il Salone dei sogni 

Un anno dopo la fine di EXPO 2015, si sta celebrando il trionfo di Carlo Petrini con la messa in scena di un Salone del Gusto menorabile, diffuso in un posto magico come Torino baciata da giornate di fine estate; preso d’assalto da visitatori provenienti un po’ dappertutto, una buona parte consapevoli di trovarsi di fronte a una rassegna di avanguardia con idee vere per “nutrire il pianeta”, oltre a una fiera fatta da gente virtuosa, combattenti sul campo lontani anni luce dalle logiche delle multinazionali. È un onore esserci.

 
Diceva Petrini un anno fa in una intervista: “EXPO è una grande fiera dove le nazioni e i grandi potentati alimentari si confrontano, il trionfo del capitalismo e forse non poteva essere altrimenti, le contraddizioni ci sono e sono evidenti, io l’avrei pensata diversamente da una grande kermesse. Ma alla fine ci troviamo tutti lì, la sedia vuota non paga”.
Vedere questo Salone del Gusto in cui il biglietto non si paga, laboratori e convegni parlano di cose serie, temi veri, le degustazioni mettono di fronte piccoli artigiani e persone consapevoli del valore del prodotto, chiamate a essere parte attiva di un sistema virtuoso e non semplici “consumatori” o numeri da gridare, code ai tornelli, in cui tutte le Regioni sono rappresentate dal meglio del meglio e la rappresentanza dal mondo è sempre più numerosa e importante , fa gridare al miracolo.


  
25 luoghi per un evento unico e immaginifico, un  “voler bene alla terra” mai così degnamente messo in scena, conferenze al Teatro Carignano e decine di forum al Castello del Valentino e a Torino Esposizioni: dal rapporto con la terra, alle rivoluzioni dell’orto, dal tema dei migranti alla voglia di un nuovo mondo, il dibattito suscitato da questa Terramadre ai piedi della Gran Madre nato  dalla testa di uno dei più grandi italiani del nostro secolo si sviluppa anche attraverso l’arte, la storia e la fotografia che uniscono l’Italia al resto del mondo.

Petrini ci chiede una cosa importante: essere parte attiva nella difesa di un  futuro minacciato da monocolture, fertilizzanti chimici, pesticidi, allevamenti industriali che lo stanno distruggendo. Una agricoltura che fa male all’ambiente e alla nostra salute e una risposta si chiama biodiversità, portata con forza anche a EXPO in quello spazio di resistenza stoica ma comunque efficace.


Dalla “fiera” del Parco del Valentino (unica pecca la chiusura alle 19 che fa mugugnare ) letteralmente presa d’assalto alla via del gelato organizzata fuori e dentro il locale di Alberto Marchetti insieme ai suoi amici della Compagnia dei Gelatieri, dai 150 presidi Slow Food in Piazza San Carlo fino ai food trucks di Piazzetta Reale e alle cucine di strada dei Murazzi, dai numeri sempre più impressionanti di microbirrifici alla meraviglia delle cucine e dei vini dal mondo, e chissà quante altre cose ancora mi sto dimenticando, io mi sono emozionato. E ho goduto davvero per un Salone del Gusto che col sistema diffuso esalta il potenziale dello Street Food, dalle bombette ai gelati, dalla amatriciana alle focacce, ma nello stesso tempo ci avverte che solo un approccio “slow food” può dare alla moda dello “street food” una continuità e uno sviluppo che non può prescindere da territorio, stagionalità, rapporti col contadino e il produttore di “fiducia” in un continuo interscambio di idee e esperienze. E in questo senso lo spazio che si è preso il gelato è stato significativo e molto efficace, un successo clamoroso che rende la via del gelato già troppo piccola dopo una sola edizione. Serve già una piazza per accontentare una folla a caccia di gusti slow, abbinamenti azzeccati, desiderio di vivere il gelato in maniera diversa, anche in questo caso con una consapevolezza nuova.
  
Ho camminato e camminato ancora in buona compagnia incurante della stanchezza e felice per questa esposizione che mi ha regalato il meglio del pianeta, organizzata da un italiano che da tempo ci indica la strada per l’unico futuro possibile per le nuove generazioni.

Grazie.

Gianmaria Vacirca

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